Cos’è l’endometriosi?
L’endometriosi è la localizzazione ectopica – cioè diversa da quella normale – di cellule endometriali (che costituiscono il tessuto normalmente presente nella cavità uterina) al di fuori della cavità endometriale. Questo causa uno stato di infiammazione pelvica cronica con sintomi variabili e con un impatto potenzialmente rilevante sul benessere e la fertilità della donna.
Che conseguenze può portare?
Può essere asintomatica ma è la causa più frequente di dolore pelvico cronico, spesso in fase periovulatoria o perimestruale, e colpisce prevalentemente le donne tra i 25 e i 35 anni. Quando sintomatica si manifesta generalmente con dismenorrea (mestruazioni dolorose) e dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali) o dischezia (dolori durante l’evacuazione).
Circa il 7% delle donne con endometriosi hanno sorelle o madri affette dalla stessa patologia, facendo pensare anche a una possibile trasmissione genetica, familiare, di fattori predisponenti.
Si può fare prevenzione o diagnosi precoce?
È fondamentale, per la prognosi riproduttiva della paziente, avere coscienza della problematica. Trattandosi di una patologia progressiva è indispensabile una diagnosi tempestiva in modo da impostare una terapia conservativa mirata a garantire alla paziente una buona qualità di vita e salvaguardare al massimo la fertilità.
Ad oggi, nella maggior parte dei casi, essendo la diagnosi di endometriosi difficile e spesso trascurata, viene effettuata con notevole ritardo. Il 47% delle donne con endometriosi riferisce di avere consultato vari medici 5 volte o più prima di una vera e propria diagnosi. Il tempismo, come detto sopra, è invece essenziale per avviare tempestivamente la terapia, motivo per cui non va sottovalutata nelle pazienti giovani la segnalazione di dolori pelvici e mestruali che non rispondono o rispondono poco ai comuni analgesici. In questi casi, è prezioso consultare subito il proprio Ginecologo di fiducia o una struttura dedicata alla prevenzione, senza trascurare questi sintomi.
Ci sono novità nel campo della ricerca?
Recentemente sono stati proposti alcuni marcatori biochimici – proteine plasmatiche rilevabili con prelievo ematico (cd 63 e cd 47) – che sono molto promettenti in quanto consentirebbero di definire meglio il rischio di progressione della malattia ma gli studi sono ancora in corso di completamento.
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