LINFOMA: CONSAPEVOLEZZA E PREVENZIONE, COME RICONOSCERLO?
- Active Care

- 14 set
- Tempo di lettura: 2 min
I linfonodi sono un guardiano molto importante della nostra salute. Si trovano in molte zone del corpo come collo, ascelle, inguine, torace e addome e si possono controllare anche con una semplice autopalpazione. Purtroppo, non sempre un gonfiore ai linfonodi è “solo” un raffreddore che passa. In alcuni casi – in Italia se ne stimano oltre 15.000 l’anno - può essere il segnale di un tumore del sistema linfatico: il linfoma. Si tratta di una malattia che colpisce i linfociti, cellule fondamentali per difenderci da virus e batteri.

I linfomi non sono tutti uguali. Esistono due grandi famiglie: linfoma di Hodgkin e linfomi non Hodgkin. La differenza è nella presenza o meno della “cellula di Reed-Sternberg” (cellula tumorale), visibile al microscopio. Questo dettaglio apparentemente minimo cambia però l’inquadramento clinico del paziente: diagnosi, terapie e prognosi seguono percorsi differenti.
I campanelli d’allarme
Per arrivare ad una diagnosi sicura servono esami accurati: biopsia del linfonodo, indagini molecolari e test specifici sulle cellule. Ma la prima arma resta la consapevolezza. Sapere quali sono i segnali a cui prestare attenzione è fondamentale: linfonodi ingrossati che non si sgonfiano, febbre persistente, sudorazioni notturne, perdita di peso inspiegabile e stanchezza continua sono sintomi comuni, ma se durano a lungo è importante non sottovalutarli e parlarne tempestivamente con il medico.
Le cure oggi
Negli ultimi anni la ricerca ha introdotto terapie innovative per i linfomi, ampliando le possibilità di cura oltre alla chemio e alla radioterapia.
Gli anticorpi bispecifici contenuti in alcuni farmaci (come epcoritamab, glofitamab, mosunetuzumab) “uniscono” cellule tumorali e linfociti T, stimolando una risposta mirata del sistema immunitario, con risultati incoraggianti nei linfomi non Hodgkin resistenti.
Un’altra frontiera è la CAR-T Cell Therapy, in cui i linfociti del paziente vengono modificati in laboratorio affinchè possano riconoscere il tumore: studi recenti mostrano remissioni complete in circa metà dei casi refrattari.
Accanto a queste, gli anticorpi-coniugati come brentuximab vedotin portano il farmaco direttamente alla cellula malata, riducendo gli effetti collaterali. Si stanno sperimentando anche farmaci di precisione e piccoli inibitori che bloccano i meccanismi molecolari responsabili della crescita tumorale. Infine, farmaci di recente approvazione come odronextamab e zanubrutinib offrono opzioni concrete per pazienti con forme difficili da trattare.
Perché parlarne
Parlare di linfoma non significa diffondere paura, ma creare conoscenza. Un’informazione corretta e tempestiva riduce i ritardi diagnostici e rende più efficace il percorso di cura. La consapevolezza non è solo un atto individuale: è una forma di prevenzione collettiva.
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